“Siamo barber e siamo barbieri, il che la dice lunga sul mix di culture che hanno contribuito a questo mestiere”. La considerazione è del Barber Snob per eccellenza, Francesco Cirignotta, che vorrebbe farci riflettere non solo sul suo mestiere, ma anche sul significato di italianità e di identità culturale. E sì, perché i barbieri sono nati in Sicilia, sono frutto della cultura araba ma hanno ricevuto il contributo culturale tecnologico indispensabile di Regno Unito, Germania e Francia. Per questo, diciamo barber e barbiere per parlare della stessa cosa. Ed ecco che Cirignotta ha la scusa perfetta per discutere di italianità…
Barber e barbiere
L’italianità è un po’ come un abito che tutti credono di poter indossare per diritto di nascita. Secondo me, invece, è un divenire costante e appartiene alla sfera della conoscenza, della storia, della cultura e del sentimento. Solo in seconda battuta alla sfera dell’immagine. Vi faccio subito un esempio di come l’italianità sia fraintesa.
Molti pensano che usare la parola ‘barber’ al posto di barbiere sia un vezzo che nuoce all’italianità. Non lo è. L’alternanza dei termini ci ricorda semplicemente che i primi barbieri siciliani, di formazione araba, si sono evoluti con il contributo tecnico e culturale dell’Europa prima e degli Stati Uniti poi. Pensate ai ‘barber’ newyorkesi, a come hanno reinventato e rilanciato il mestiere di barbiere. Anche i ‘barber’ d’Oltreoceano devono molto a quei primi uomini che nel tardo medioevo si occupavano di barbe e capelli maschili ed erano animati dal loro stesso desiderio di cambiamento culturale, di evoluzione sociale. Volevano migliorare l’immagine dell’uomo, il suo decoro, il suo apparire.
Non è difficile capire che le implicazioni dell’operato di questi artigiani/artisti toccava tre aspetti importanti della vita comune del popolo della penisola italiana nella quale operavano: psicologico, sociale ed emotivo. In una parola l’intera sfera culturale di quella gente. Per inciso, sia detto che da quel momento, da quando quei primi barbieri cominciarono a lavorare, fu chiaro a tutti che non ci sarebbe stato più ‘essere’ senza ‘apparire’.
Le tonsrine
In Sicilia e poi via via nel resto della penisola italiana cominciarono a diffondersi luoghi specifici che accoglievano in intimità e riservatezza i maschi desiderosi di occuparsi della loro igiene e del loro decoro. Questi luoghi si chiamarono ‘tonsrine’. Spesso, però, l’opera di questi primi artigiani era eseguita anche in strada o presso le case più altolocate. Erano i primi veri barbieri del tempo.
Erano artigiani e artisti: all’epoca le due cose andavano a braccetto. Fu solo nel Rinascimento che la figura dell’artista finì per confluire nella sfera intellettuale, separandosi da quella dell’artigiano specializzato, relegato nella sfera tecnico-manuale. A dire il vero, questi artigiani inizialmente erano anche scienziati perché spesso esercitavano contemporaneamente il mestiere di medico cerusico (vale a dire del chirurgo). Regno Unito, Germania diedero il loro contributo tecnologico con nuovi strumenti di precisione per barba e capelli. In Francia fu inventato il rasoio.
Dico questo perché vorrei ricordare che un artigiano rappresenta il sapore, la mentalità, l’essenza del suo paese, conosce pregi e difetti di chi lo abita. E chi più del barbiere, con la sua storia italiana che viene dalla Sicilia in un mix di cultura araba e sapere scientifico europeo, può rappresentare il nostro paese? Chi più di lui può rappresentare l’italianità in tutta la sua storia, cultura ed essenza?
Chiamiamolo ‘barber’ e chiamiamolo anche barbiere. In questo, come in tanti altri ambiti, in fondo non contano le iconografie, ma i valori di riferimento.