Lo spettro dei licenziamenti di massa nel mondo post-Covid, l’andamento incerto dell’economia globale, la crisi delle risorse energetiche innescate dalla guerra in atto in Ucraina. Discutereste mai di tutto questo con il vostro barbiere? Francesco Cirignotta, dalla sua barberia sulla Darsena a Milano, vi invita a farlo con lui da una particolare prospettiva: quella della cultura, o meglio, delle culture d’impresa.
Oggi vorrei parlare del ruolo della cultura nella nostra società. Non solo della cultura che troviamo nei musei e nelle gallerie d’arte, ma anche di quella più ampia, che dovrebbero produrre le imprese, i mestieri, i luoghi di lavoro. O, al contrario, affrontare il tema opposto: la cultura non dovrebbe forse riuscire a creare imprese ? Il mondo dei servizi, in particolare, l’unico che sopravvive in Italia dopo la chiusura dei grandi stabilimenti di produzione, non verrebbe sostenuto meglio se di fondo vi fosse anche cultura?
Tutti oggi parlano di impoverimento culturale, oltre che economico. Probabilmente, quindi, non ci si sbaglia a mettere in stretta relazione i due ambiti. Con una prima ironica differenza: l’impoverimento della cultura non è certo dovuto al fatto che è diventata così diffusa da entrare in crisi per mancanza di materie prime… Sarà più vero il contrario: che meno la usi, più la cultura diventa povera.
A volte mi chiedo: di fronti ai cambiamenti economici e culturali che stiamo vivendo, perché non appare un Socrate, privo di certezze, che ci indichi la saggia strada del dubbio? Perché tutti pontificano senza porre lo straccio di una domanda essenziale: c’è qualcuno che sa veramente dove stiamo andando?
Cultura d’impresa
L’ordine dei valori culturali è in cambiamento, ma il mondo delle certezze, paradossalmente, sta ancora in piedi come un castello di carta. Occorrono nuove concretezze. Stiamo con i piedi ben piantati per terra. In assenza di una cultura, sarà bene rivolgerci alle culture che ancora ci sorreggono. Prime fra tutte quelle sane dell’impresa e dei mestieri: forse meno altisonanti della grande cultura, ma di un’utilità, tutta italiana, che adesso può ancora difenderci di fronte a tutte le incertezze future.
Cerchiamo di restare curiosi, confrontiamoci, continuiamo ad approfondire, soprattutto nel mondo del lavoro. Concentriamoci sul noi e non sull’io. Certamente, tutti quanti siamo disposti a riconoscere il ‘noi’ quando gli altri ci riconoscono l’io, ma questo è scontato. Occorre fare anche il secondo passo, quello che ci avvicina al resto della società. Ecco, questo è il primo mattone della cultura d’impresa.
Nei valori della cultura c’è anche la formazione scolastica, che ci indica le prime strade maestre: l’università, in questo senso, è il nostro più importante valore industriale. Non dimentichiamolo. Se continuiamo a credere che la cultura resta un mero atto di lettura di libri, probabilmente finiremo per perdere la strada maestra nella nostra vita quotidiana, compresa quella collettiva.
Non basta leggere un classico per essere migliori, occorre fare impresa con intelligenza e nel rispetto degli altri, dipendenti e clienti compresi. Soprattutto, quando le cose non girano per il verso giusto. Parola di artigiano e barbiere.