Per i saloni d’acconciatura italiani è il momento più difficile della loro storia. Il calo dei consumi, l’incertezza economica, i posti di lavoro a rischio per milioni di persone, tutto concorre a mettere in crisi il business. Roberto Corani, amministratore unico Corani & Partners, ha iniziato la sua carriera negli anni 60, ma non ha mai vissuto un periodo così complesso. I suoi brand in franchising hanno nomi importanti: Jean Louis David, Franck Provost, Evos Parrucchieri e The Barber & Co.. Dalla sua prospettiva, può vedere dall’alto una buona parte del mercato italiano dell’acconciatura ed è sicuro di una cosa: “a questa crisi epocale sopravviverà solo chi è proattivo e gestisce il salone con lo stesso entusiasmo e la stessa voglia di fare del primo giorno in cui lo ha aperto”. Lo scenario non è semplice, ma niente è perduto: ecco cosa sta accadendo.
“Cominciamo con le belle notizie”, dichiara Roberto Corani. “In questo weekend il governo è tornato sui suoi passi in merito alle decisioni prese sui centri commerciali: i saloni d’acconciatura resteranno aperti il sabato e la domenica perché fanno parte della cura della persona. È un riconoscimento importante per tutta la categoria”.
“Questo non vuol dire che dobbiamo nasconderci la verità. Ogni salone quest’anno ha perso dal 30 al 40% del fatturato: ci sono meno incassi, meno clienti e, visto il numero ridotto di collaboratori che possono lavorare in salone, anche una minor possibilità di attirare altre clienti”.
Insomma, dati alla mano, le cose non vanno certo bene. Roberto Corani spiega con lucidità i singoli passaggi di questa crisi, delineandone cause ed effetti.
“Dal 18 maggio a oggi circa un 30% delle clienti non ha fatto ritorno nel suo salone di fiducia. Dove sono andate? Semplice: alcune hanno cominciato a lavorare in ‘smartworking’ e hanno scelto saloni più vicini a casa; altre hanno semplicemente diradato le frequenze passando da una visita ogni 4 settimane a una ogni 6, 8 settimane. Poi, ci sono anche le clienti che hanno cominciato a farsi i capelli da sole. È una nuova realtà, con la quale dobbiamo fare i conti ogni giorno”.
Sull’abusivismo, Corani abbassa i toni e ridimensiona le cifre rispetto a quanto stigmatizzato dalle associazioni di categoria.
“Il parrucchiere a domicilio è senz’altro una realtà diffusa, ma non rappresenta più del 6 o 7% della categoria. L’abusivismo in questo periodo di pandemia è presente, ma non è aumentato così tanto come si racconta”.
Quanto al futuro, Corani invita a guardare prima di tutto al presente.
“Non c’è un post lockdown e per ora a breve termine non ci sarà. La realtà è che dovremo convivere ancora a lungo con l’emergenza Covid e tutto quello che comporta. Ho commissionato una ricerca dalla quale è emerso che i saloni che soffrono meno sono quelli piccoli, con uno o due collaboratori: nei loro 40mq riescono a lavorare tutto il giorno senza problemi. A soffrire di più sono i saloni di medie e grandi dimensioni, costretti a gestire i collaboratori su turni. Più di tutti stanno arrancando i saloni con cinque o più dipendenti e quelli nei centri commerciali che lavoravano sui grandi passaggi di clientela nel weekend: devono tenere aperto e sobbarcarsi i costi di gestione con metà della forza lavoro per via del distanziamento sociale. Questi saloni hanno visto letteralmente crollare le presenze”.
Eppure, non è il momento di tirare i remi in barca: in questo frangente sarebbe l’errore più grosso. Corani, che in questi decenni di presenza sul mercato, ne ha viste tante, ne è sicuro.
“Gli acconciatori non devono arrendersi e rassegnarsi a lavorare con il 30-40% di clienti in meno senza fare nulla, aspettando tempi migliori. O, peggio, in attesa che tutto finisca domani. Il problema è che adesso nessuno si muove, la paura frena e la prossimità spaventa. È, invece, il momento di agire, di essere proattivi, carichi e fiduciosi come il primo giorno in cui abbiamo aperto il salone. Bisogna avere il desiderio di riconquistare la propria clientela e cercarne altra raggiungendola ovunque, anche a casa, grazie a strumenti di marketing e comunicazione ad hoc, sempre più aggiornati, affidabili ed efficienti. Non è il dopo Covid che conta, è il durante. Ora. È adesso che bisogna muoversi, domani sarà troppo tardi”.