Come saranno i saloni d’acconciatura ‘dopo’? Francesco Cirignotta, barbiere storico di Milano, azzarda pronostici.
La pandemia è un virus che non intacca solo i corpi, ma anche i nostri pensieri, le abitudini di vita, l’economia dei paesi. Credo che questo sia chiaro a tutti. L’insicurezza e la tensione si vivono a ogni livello, al punto che ci sono migliaia di rapporti interpersonali ormai in crisi: non fermiamoci all’incertezza economica, c’è molto di più.
Certo, i sentimenti dei consumatori non sono incoraggianti: c’è paura, la sensazione di vivere in una società ormai disincronizzata, incapace di trovare una quadra rispetto a quello che sta vivendo. Tutto questo è percepibile. Per fortuna, però, la resilienza equa, l’ottimismo radicale continuano a serpeggiare nei sotterranei delle nostre vite.
Sta cambiando tutto: consumi e consumatori. Ci si interroga su cosa potrà accadere ‘dopo’: come saremo dopo mesi di e-commerce, vissuto come eterno regalo nelle proprie dimore, di servizi goduti da soli tra le mura domestiche, di viaggi metaforicamente barattati con investimenti, cultura, ecosostenibilità (quanto si sono ridotti gli sprechi?), assicurazioni sulla vita, servizi alla persona, perfino mutui casa?
E come sarà il lavoro di noi acconciatori in salone? Come verrà vissuto dai consumatori il tempo che torneranno a spendere dal proprio parrucchiere una volta che sarà arrivato (non certo tornato) il ‘dopo’? Perché adesso uomini e donne disertano i loro saloni nelle grandi città, sono lontani, chi in smart working, chi a casa nella regione da cui si era trasferito per lavoro o per studio: i grossi centri urbani sono stati abbandonati, i grandi centri storici sono vuoti. Come si riempiranno? Con nuovi cittadini?
Le città più piccole, invece, si sono ripopolate: è un flusso inverso che cambia sentori, economia, direzioni di pensiero e denaro.
Intanto, le parole d’ordine sono cambiate. Non più realizzazione e benessere, ma sicurezza, igiene e salute: una rivoluzione copernicana che adesso vede al centro un uomo nuovo, connesso con il mondo attraverso la digitalizzazione, ma isolato fisicamente tra mura domestiche. Ikea sta sbancando…
Sarà un nuovo Rinascimento? Me lo chiedo perché adesso, al posto di una vita frenetica – prima celebrata con malcelato orgoglio perfino nelle pubblicità televisive, si vive con convinzione una nuova lentezza casalinga, morbida. Con un unico neo digitale: i social ci invitano a tenere il conto ansiogeno delle presenze, incuranti dell’essere davvero qualcuno, se non altro noi stessi.
A livello sociale si registrano slittamenti, per ora contenuti: emerge una nuova classe, localizzata in aree per lo più urbane, con un basso capitale economico, ma un elevato capitale umano. Anche grazie ai social sono gli unici che hanno davvero qualcosa da dire in questo momento.
Domani in salone avremo un cliente più attento all’estetica interiore: la riflessione tra le mura domestiche lo avrà cambiato. La gentilezza dei modi sarà il cardine dei cambiamenti: nessuno avrà più voglia di problemi, modi bruschi, alterigia. La nuova morbidezza del lifestyle passerà anche da qui: ricordiamocelo nel ‘dopo’ dei nostri saloni.
Io sono ottimista: le cose stanno cambiando, ma se capiremo in che direzione, potremo solo fare meglio di prima.