Il barbiere Francesco Cirignotta, con il suo tradizionale aplomb, ci invita a una nuova riflessione: l’importanza di saper arrivare secondi sul podio. Un traguardo importante quanto misconosciuto, da vivere non certo come un fallimento. Ecco perché.
Il ‘secondo’ in tutte le culture è considerato il perdente per eccellenza. Il presupposto, però, è facilmente scardinabile. In passato ho avuto il piacere di essere sportivo e di fare competizione. Ho avuto l’orgoglio e l’onore di arrivare primo nelle gare di atletica leggera. E ho anche avuto il dissapore di non riuscire a entrare nell’aurea quota dei primi tre, malgrado mi aspettassi di meritarlo.
A volte, sono arrivato secondo. Quando accadeva, mi accorgevo che la felicità che stava provando il primo, in fondo, altro non era se non il frutto del valore della persona che era appena riuscito a battere. Il frutto delle mie capacità. Più di una volta ho avuto la consapevolezza che – tranquilli… – chi mi aveva battuto o era stato più bravo o era riuscito a dare più di me.
Il tema è proprio questo: arrivare secondi. Il fatto che io, come tutti gli sportivi, fossi certo di aver dato il massimo, non mi impediva di essere consapevole di una verità. E cioè che se il primo era così orgoglioso e felice nel manifestare la vittoria, questo sua ebbrezza contagiosa rappresentava anche tutta la questione di quella partita, il suo senso più profondo. Il valore del secondo era fondamentale perché era il suo ruolo che permetteva al primo di godere della vittoria a piene mani. Imparare a fare sport, in fondo, è esattamente imparare ad accettare anche questa semplicissima dinamica.
IL LATO NOBILE DELLO SPORT
L’atteggiamento, il garbo, il rispetto che il secondo sa dare al primo è il vero lato nobile dello sport e di tutto lo spettacolo che spesso ci gira attorno. Sto parlando non solo della vittoria degli Azzurri, nuovi campioni d’Europa, occasione nella quale la squadra inglese non certo ha brillato sul podio nel suo eccellente secondo posto. Parlo anche del tennista italiano Matteo Berrettini che a Wimbledon ha accettato la sua sconfitta e il secondo posto sul podio con grandissima dignità e l’abbozzo di più di un sorriso. Un esempio di nobiltà che avrebbe dovuto sfoderare anche chi ha voluto sfilarsi la medaglia del secondo posto.
Poter comprendere che in fondo gli italiani potessero essere felici di aver vinto sembrava una cosa quasi ovvia. Meraviglia il fatto che non si sia compreso che gli italiani sono stati ancor più felici proprio perché i secondi non hanno avuto la nobiltà di accettare il loro secondo posto. Questa considerazione non vale solo per gli atleti formati, ma per tutti noi, soprattutto nella fase della nostra formazione personale, in ogni ambito.
Queste giornate, anche attraverso i flash delle immagini, hanno messo in evidenza che l’onore delle armi – espressione forse infelice, ma significativa – ci insegna che rispettare gli altri, riconoscendone il valore, è determinante. Diversamente, chi non accetta le regole del gioco e non vuole riconoscere le capacità del secondo, non sarà mai davvero felice di essere arrivato primo. Semplicemente, perché non potrà mai pensare di aver sconfitto un avversario veramente bravo.