Chi è il parrucchiere? Nell’immaginario collettivo è uno che non aveva voglia di studiare e ha ripiegato su un mestiere facile, facile che non richiede un grande impegno. Ma siamo proprio sicuri che sia così?
Francesco Cirignotta, celebre barbiere sui Navigli a Milano, cerca di farci cambiare idea con qualche spunto più che condivisibile: è il momento giusto. Il Covid 19 ci ha fatto scoprire quanto possa essere importante la mano sapiente del nostro acconciatore. Perché senza di lui, non ci riconosciamo più.
“Vorrei che non accadesse più che un ragazzo che non va bene a scuola, finisca a fare il parrucchiere o l’estetista. Per troppi anni si è offeso il ‘fare’ della nostra categoria, dall’altissima capacità sociologica e dal grande spirito di abnegazione, una categoria votata semplicemente al far stare bene gli altri. Certo, noi, con il nostro mestiere, dobbiamo essere i primi a far sì che questo sia compreso: il Covid 19 ha cambiato le cose. Oggi il nostro ruolo socialmente utile, indispensabile per il decoro e l’immagine dell’umanità, è universalmente riconosciuto”.
“Allora, mi immagino qualche giovane uomo e donna che proseguano i loro studi nel nostro mondo fatto di grande cultura, professionalità, artigianalità e, di conseguenza, artisticità. Nella mia mente ‘bacata’ immagino che vi siano scuole di istruzione professionale che insegnino il grande significato di un servizio, il valore artigianale, la capacità di poter trasformare tutto questo in attività professionale. Poi, certo, per diventare imprenditore, ci vuole qualcosa in più nella qualità della gestione, nella capacità di essere elastici a livello di inclinazione personale. Ma questa è un’altra storia”.
“Mi immagino una filiera di mestiere, il nostro, dove il valore assoluto sia il sorriso e l’attitudine sia quella dell’accoglienza. Non sto dicendo che adesso i saloni non siano accoglienti. Il problema è che spesso noi non esprimiamo questo valore nel migliore dei modi. Faccio da anni il formatore: mi sono accorto che sono molte di più le qualità di ciascuno di noi che i risultati raggiunti. E mi dispiace”.
“Mi immagino momenti di aggregazione in salone dove i capelli siano parte integrante del sistema, una manifestazione dedicata alla percezione dei servizi: servizi che non sono solo il supporto a un taglio di capelli o a una barba, ma siano oggettivamente l’asse portante. Il mio sogno resta quello di trasformarci tutti in professionisti di servizio alle persone. La differenza non sta nel taglio di capelli, ma nel come si possa fare tutto”.
“Mi immagino un futuro diverso: cooperative evolute per far sì che i giovani possano iniziare a lavorare senza problemi, con un sostegno più che dignitoso per poter alleggerire le difficoltà di essere imprenditore. Immagino un codice Iva per ogni lavoratore, con una propria autonomia e indipendenza. Mi immagino anche un abbassamento dell’Iva, defiscalizzazioni in virtù della capacità di strutturarsi rispetto all’ecologia, al verde, al basso impatto ambientale. Sogno anche una defiscalizzazione che incroci la paga del personale con gli investimenti dell’imprenditore.
“Insomma, sono un purista che desidera che le cose possano funzionare meglio. So che è utopico, ma sono state le mie illusioni che hanno trasformato in realtà il mio piccolo mondo. Le illusioni servono per generare sogni e i sogni servono per generare forza. La forza serve, a sua volta, per generare realtà. In fondo, sta in noi la capacità di far evolvere il nostro mestiere nella giusta direzione. È il momento di cambiare tutto perché nulla resti come prima”.