Sì, lo sappiamo: Francesco Cirignotta, barbiere storico di Milano, quando parla, trasmette spesso concetti che ci infastidiscono, ci costringono ad avere reazioni su cose ormai archiviate, ci spingono a uscire faticosamente dagli schemi. Perché noi molte realtà non le accettiamo così come sono, ma le rielaboriamo per metabolizzarle, viverle a modo nostro. Un modo collettivo condiviso e tranquillizzante.
E invece lui, Cirignotta, ci riporta all’essenziale, al pensiero grezzo. Come quando ci ricorda che il mestiere di parrucchiere è nato per garantire pulizia e decoro. Ma come? Non si parlava di bellezza e benessere?
“Il compito del parrucchiere è quello di togliere ciò che opprime, ciò che soffoca, per far respirare pelle e cute. In fondo, anche il taglio dei capelli assomiglia all’opera dello scultore che leva la pietra per creare una forma: quello che ne emerge è semplicemente un contorno ‘pulito’, non più grezzo. Quindi, il pulito è bello”.
In tempi di Covid, di pulizia e igiene questa visione del mestiere di acconciatore è quasi un ‘balsamo’. Ma Cirignotta l’ha sempre avuta, anche in tempi non sospetti.
“Andare dal parrucchiere è l’espressione di un desiderio di pulizia e di bellezza: qualcosa che si avvicina molto alla rivisitazione di sé. La pulizia non è mai solo esteriore, è un bisogno interiore di sistemazione, di ordine, di armonia. La pulizia, in fondo, è una vanità. Abbiamo sempre giudicato negativamente la vanità, che in realtà è un valore: senza di lei non ci sarebbe la ricerca del bello”.
Vanitosi e puliti: un nodo indissolubile che lega aspetto fisico e anima. Ma allora il barbiere fa un mestiere parallelo al filosofo? È la silenziosa provocazione di Cirignotta.
“Tagliare i capelli, togliere, è necessario per non appesantire, per levare gli eccessi e far emergere il bello. Ecco, il mestiere del parrucchiere è questo: la somma della sottrazione”.
Vi è sfuggito qualcosa? Fate un salto al Barber Snob di Francesco Cirignotta sui Navigli a Milano e fateci sapere cosa ne pensate del barbiere filosofo, considerato dal Financial Times il più bravo del mondo. E ci sarà un perché.