Ma è mai possibile che sia un barbiere, Francesco Cirignotta, a parlarci del valore dell’essere tessendo l’elogio dell’apparire? In un mondo in cui l’asticella del discorrere si abbassa vertiginosamente e il ragionamento si piega come un giunco vuoto, tocca a un cultore storico dell’arte della barberia riportarci a un grande, piccolo tema sul quale, per trascuratezza o mancanza di riflessione, non si discute più. Essere o apparire? E lui provocatoriamente risponde: meglio sicuramente apparire.
“Volersi sentire al centro dell’attenzione: spesso ci poniamo la domanda se sia giusto o sbagliato. Bene, nessuno ha ragione nel dire con sicumera che essere è meglio che apparire. Di fatto, ritengo che sia più che naturale, umano il desiderio di apparire. Il binomio ci ha accompagnato per secoli nel corso dei quali di volta in volta ci siamo convinti alternativamente che fosse più importante l’uno o l’altro. Io ritengo che le due cose possano e debbano camminare insieme: essere apprezzati dagli altri è necessario. Essere apprezzati da se stessi è indispensabile. L’abito non fa il monaco, ma di certo ci personalizza“.
“Come diceva Dale Carnegie, ‘ci sono quattro modi, e solo quattro modi coi quali siamo in contatto con il mondo. Noi siamo valutati e classificati da questi quattro elementi: ciò che facciamo, come appariamo, ciò che diciamo e come lo diciamo’. E il contenuto viene sempre dopo: è chiaro”.
“Non è vero, anche se non in assoluto, che ci sono persone che accettano di non apparire, ma di essere e si sentono bene. In realtà, all’interno del nostro piccolo mondo siamo sempre al centro dell’attenzione di qualcuno. O comunque, cerchiamo di esserlo perché è semplicemente una necessità. Abbiamo bisogno di essere agli occhi degli altri un valore, un’ispirazione”.
“Un giorno ho letto una bellissima considerazione: a un uomo comune era stato chiesto cosa volesse essere nella sua vita. Questo ripose: possibilmente l’ispirazione per qualcun altro”.
“Passiamo periodi in cui l’apparire è necessario per la nostra crescita e altri in cui serve solo da ispirazione. L’essere…. Beh, quello è necessario sempre, indipendentemente da quanto gli altri possano vederci”.
“Passiamo a un esempio pratico, tratto da un volumetto intitolato ‘L’umorismo’: la vecchia signora che si imbelletta. Presa così, senza altro criterio, può apparire ridicola. Ma se, per esempio, introduciamo la considerazione che si imbelletta per poter trattenere l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che allora non possiamo più riderne come prima. La riflessione ha lavorato dentro di noi facendoci superare quella prima impressione, spingendoci oltre quel primo avvertimento, più addentro. Da quel primo ‘avvertimento’ del contrario passiamo a questo nuovo ‘sentimento’ del contrario: sta qui tutta la differenza tra comico e umoristico. Quello che prima ci faceva ridere (comico), adesso ci fa sorridere (umoristico). L’essere ha condizionato l’apparire, dandogli sostanza: perché scinderli?”.