Vi fu un tempo dove scrivere encomi era un’attitudine primaria: la poesia regnava in qualunque situazione, anche la più banale, e governava la riflessione su qualsiasi spunto della vita e della natura degli esseri umani. Era il periodo in cui gli encomi ai soldati, agli uomini valorosi, agli dei venivano conditi con descrizioni di chiome bionde folte e lunghe come il grano, che si perdevano nella spinta del vento. Non c’era posto per i calvi.
Beh, le cose andarono così fino al momento in cui qualcuno iniziò a pensare il contrario e ribaltò l’intera questione con un punto di vista chi io apprezzo e abbraccio. Questo qualcuno è un pensatore greco vissuto a cavallo tra il 300 e il 400 d.C.: Sinesio di Cirene. Nel suo celebre ‘Encomio della calvizie’ scrisse queste parole ancora oggi rivoluzionarie.
“Il mio discorso stabilirà che il calvo ha meno di chiunque motivo di vergognarsi. E perché dovrebbe, se nuda ha la testa, ma villosa la mente come dell’Eacide (Achille) canta il poeta (Omero)? Ma l’eroe non si curava dei capelli che anzi offrì a un morto (Patroclo) e morta cosa in certo senso son essi, parte non vivente attaccata ai viventi. Così i più privi di intelligenza tra gli animali ne hanno rivestito tutto il corpo; l’uomo, invece, in quanto partecipe di una vita più luminosa, è il più sprovvisto di tal connaturato fardello. (…) Orbene, se è vero che l’uomo è il più sacro di tutti gli animali, fra gli uomini cui toccò la buona sorte di perdere i capelli, il calvo dovrebbe essere la più divina delle cose terrestri”.
Il calvo è superiore perché privo di cosa morta, di peli di cui sono coperti per loro natura gli animali. Ridiamoci su in maniera leggera: i capelli e la loro mancanza non sono una patologia, come ha ormai stabilito la scienza tanti anni dopo la morte di Sinesi di Cirene. La mancanza di capelli è una fisiologia: vorrei che pensassero questo tutti coloro che si trovano in un momento di disagio per un’incipiente calvizie.
Vorrei offrire loro, condito di ironia, un motivo di sorriso. O meglio vorrei dar loro l’occasione per un gesto di scherno nei confronti di chi è fermo a estetiche eroiche e rivolge al calvo di turno battute non felici.