Nell’immagine una foto da Pexels.
Parco Ravizza, Milano, ore 7.00: Francesco Cirignotta, barbiere, ci passa accanto quotidianamente da tanti anni per andare al lavoro. Il parco sembra sempre lo stesso, ma intorno tante cose sono cambiate e stanno cambiando: il Barber Snob ci riflette su e ci invita a pensare, anche se a volte siamo di corsa e ci riesce difficile farlo. I ‘giardini di marzo’ a Milano non sono più quelli di prima: il Covid ha cambiato anche loro.
Ogni mattina mi trovo a passare, intorno alle ore 7 accanto al parco Ravizza che, per noi che viviamo a Milano da tanti anni, è un po’ come un pezzo di storia della nostra città. Sembra che tutto quanto sia accaduto dal dopoguerra a oggi in qualche modo sia passato da qui.
Mentre gli cammino intorno al mattino presto, penso a quando, nell’era della grande migrazione dal sud, questo parco ha accolto tanti bambini del meridione, aiutandoli, per quello che ha potuto, a inserirsi in una nuova realtà, spesso ostile a loro e alle loro famiglie. Penso anche a quando il parco, diversi anni dopo, è finito per diventare l’emblema di situazioni trasversali notturne, tra frizzi e lazzi ormai storici per tutti i milanesi.
In questi ultimi anni la realtà del parco è cambiata ancora una volta: ogni mattina tante persone, anche di età avanzata, in tenuta sportiva più o meno credibile, lo affollano in corsa per smaltire gli eccessi alimentari del giorno prima e tenersi in forma. È un carosello di buone volontà e tanto sudore.
In mezzo a questo via e vai, il parco intanto ha visto sorgere accanto a sé il nuovo polo universitario della Bocconi, la prestigiosa facoltà milanese delle scienze economiche. Qui si studia, si prevede, si interpretano i flussi economici, i cambiamenti sociali: è qui, tecnicamente, che si dovrebbe trovare la soluzione scientifica per migliorare il benessere di tutti noi in futuro. E se dico ‘dovrebbe’, naturalmente c’è una ragione.
Eh, sì. Perché sotto questa struttura, veramente unica e straordinaria, della nuova università Bocconi c’è una sorta di piccolo cascinale dove ogni mattina a quell’ora di risveglio, se non anche prima, vi sono già centinaia di persone in coda in attesa dell’apertura del ‘Pane quotidiano’, l’istituzione che dispensa i pasti a chi non può più acquistarli da sé. È un’immagine composita che ogni mattina mi turba perché c’è chi deve dimagrire e corre, c’è chi studia soluzioni per il mondo del futuro, ma alla fine c’è sempre chi ogni giorno si mette in fila per ricevere il suo pane quotidiano.
E nessuno pensi a romantici senzatetto per scelta, a scansafatiche per vocazione. No, in quella coda, che si è allungata a dismisura dall’inizio dell’emergenza Covid fino ad accogliere ormai centinaia di persone, ci sono uomini e donne di tutte le età che non hanno nulla di alternativo e ribelle. Se ne stanno in fila a testa bassa, composti e dignitosi, in semplice attesa: lavoratori precari, persone che hanno perso la loro occupazione e non hanno trovato più nulla. Dovremmo tutti conoscere le storie loro e quelle dei loro figli: farebbe bene anche a noi. Intanto, il parco Ravizza osserva tutto e, ancora una volta, accoglie.