Non chiamatelo parrucchiere o barbiere e nemmeno acconciatore: lui si definisce ‘tricoesteta’. Francesco Cirignotta, con un salone di lusso a Milano, detesta i luoghi comuni, soprattutto quelli che toccano la sua categoria. Alieno alle semplificazioni, snob per scelta, spiega cosa sia la creatività in salone. Inforcate gli occhiali!
Corsi, tavole rotonde, pubblicità varia e adesso webinar di ogni genere: vi sarete accorti che in tutti questi incontri, virtuali e non, ricorre spesso una parola, creatività, di cui si abusa con leggerezza.
Io ci ho fatto caso perché mi hanno chiesto espressamente di preparare un corso di formazione sul tema ‘creatività e performance’. E così, come ogni bravo insegnante, mi sono cimentato nella ricerca e sviluppo del tema. Arriva la giornata di formazione al termine della quale, come mia abitudine, consegno agli intervenuti un questionario di verifica. Ho dovuto constatare che, in fatto di creatività, l’aspettativa più diffusa era quella di veder realizzare da me ‘nuovi’ tagli di capelli, piuttosto che individuare insieme le potenzialità di ciascuno sviluppandone le capacità creative attraverso varie e diverse riflessioni.
Bene, io sono di parere diverso da tutti gli altri. Nonostante le difficoltà del momento – in queste ore si sventola lo spauracchio di un nuovo lockdown – rimango convinto che alla base del nostro impegno lavorativo di acconciatori debba rimanere una solida conoscenza e cultura, una curiosità mai estinta per ciò che ogni altra disciplina del sapere può dare alla magia delle nostre mani. Vi sembra troppo ambizioso?
L’idea di creatività come atteggiamento mentale proprio, anche se non esclusivo, degli esseri umani nasce nel ‘900: in particolare, i primi studi sul fenomeno risalgono agli anni 20.
Henri Poincarè nel 1929 definiva la creatività come la capacità di unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili. Il ‘nuovo’ è relativo al periodo storico in cui viene concepito, l’utile è connesso alla comprensione e al riconoscimento sociale. Nuovo e utile illustrano adeguatamente l’essenza dell’atto creativo, un superamento delle regole esistenti (il nuovo), che intuisca un’ulteriore regola condivisa (l’utile).
Poiché si fonda sulla profonda conoscenza delle regole da superare, la creatività non può svilupparsi in assenza di competenze preliminari. Caratteristiche della personalità creativa sono curiosità, bisogno di ordine e di successo (non economico), indipendenza, spirito critico, insoddisfazione, autodisciplina.
La creatività è espressione tipicamente umana perché si fonda anche sul possesso di un linguaggio a volte astratto, fatto di parole, numeri, note musicali, e atto a compiere distinzioni a volte molto sottili.
Creare significa propriamente produrre qualcosa che appaia ai più come nuova e originale. Altro criterio nel giudizio di creatività è la sua fruibilità da parte di terzi. Solo ciò che risponde efficacemente a un bisogno, fosse anche puramente estetico, ottiene il riconoscimento di prodotto creativo.
Per certi versi, il ‘fare’ artistico è dominato dalla Tecnica: la capacità, cioè, di misurare e organizzare un materiale secondo un progetto. È l’esito del progetto che differisce nei due domini dell’arte e della tecnica: nell’uno, quello artistico, il fare si esaurisce nel suo stesso farsi, nell’altro il prodotto deve possedere un suo preciso valore d’uso. All’agire artistico viene attribuita una valenza di libertà, che è generalmente assente nell’agire tecnico, totalmente governato dal dovere di aderire a un progetto.
La creatività forse non dovrebbe avere l’effetto di sbalordire o eccedere ma di elaborare, intuire, unire elementi come in una ragnatela e scegliere solo ciò che serve.
Nel mestiere di tricoesteta, o più volgarmente ‘acconciatore’, gli elementi da richiamare in gioco sono tanti. Il contatto con i nostri ospiti ci impone di essere edotti su: biologia, fisiologia, tricologia, tecniche, stile, comunicazione, desideri latenti, conoscenze storiche del mestiere, conoscenze socio-economiche, valore dei servizi e tanto altro. L’insieme di tutto ciò ci permette di capire che la creatività ha e deve avere una funzione fondamentale: quella di soddisfare i nostri ospiti.
Un bellissimo esempio di capacità creativa nel nostro mestiere è quello del grande maestro francese Marcel il quale nel 1897 inventò il Ferro Marcel, strumento per creare onde e riccioli nei capelli. Lui intuì che poteva utilizzare, come già accadeva in passato sulle parrucche, il principio del calore per modificare i ponti cistinici del capello. Proviamo a riflettere su quanti elementi dovette tenere in considerazione per elaborare il suo strumento: la conoscenza dei capelli, la loro fisiologia e biologia, la percezione dello stile che si andava affermando, il desiderio femminile di innovazione, la conoscenza del sistema socio-economico del momento, oltre che delle capacità tecniche dei propri colleghi dell’epoca, dell’ergonometria dell’oggetto (quanti e quali muscoli della mano erano chiamati in causa per l’utilizzo dello strumento), l’emozione esperienziale che suscitava nel creare le sue acconciature.
Dovette inoltre tener conto del fatto che il ferro è un conduttore di calore e che ha dei tempi di raffreddamento non troppo rapidi, creando quindi uno scaldino per tenere in temperatura lo strumento: veramente creativa è stata la sua capacità di mettere insieme tutti questi elementi, necessari a dare forma materiale alla propria idea.
Questo può spiegare l’intuizione e la capacità creativa, ma cos’è che fa scattare la scintilla del pensiero? Forse l’ispirazione. il movente dell’intuizione che si trasforma in capacità creativa: è un filo invisibile che si lega all’emozione.