Complici i lunghi mesi trascorsi tra mura domestiche e i vari lockdown, l’ultimo anno ha visto una vera e propria corsa agli integratori a base di vitamina D. In molti, infatti, si sono affrettati a completare la propria alimentazione con preparati arricchiti di questa vitamina in nome della salute di ossa e denti. Sì, perché la D è quella vitamina che il nostro corpo utilizza per l’assorbimento del calcio e sintetizza grazie all’esposizione alla luce del sole.
La domanda è: quanta vitamina D deve assumere un soggetto adulto per assicurarsi una vita sana? E un anziano? Meglio una somministrazione giornaliera o assumere una dose elevata mensilmente? E, soprattutto, è sicura?
Il consumo di preparati a base di vitamina D in Italia, infatti, cresce di anno in anno, sull’onda della consapevolezza che le carenze nel nostro paese sono molto comuni. Si stima che il 60-80% della popolazione ne sia interessato. Sono molti però i dubbi che circondano questa sostanza, presente sul mercato anche come integratore.
A chiarirli è il professor Giancarlo Isaia, presidente dell’Accademia di Medicina di Torino, intervistato in una puntata di MetaTalk, il format divulgativo di Metagenics Academy, in cui gli specialisti approfondiscono i temi legati al mondo della micronutrizione.
A cosa serve la vitamina D
La vitamina D è fondamentale per la salute di ossa e denti, per la funzionalità del sistema immunitario, dei muscoli, per il mantenimento dei livelli di calcio nel sangue e per il normale assorbimento del calcio e del fosforo.
Dove si trova la vitamina D
Viene prodotta dal corpo grazie soprattutto all’esposizione alla luce solare. Mentre la dieta ci fornisce solo il 20% dell’apporto giornaliero.
“In Italia non è uso comune addizionare i cibi con vitamina D come nei paesi nordici, ma questo non vuol dire che siamo protetti da insufficienze o carenze, anzi”, sottolinea il professor Isaia. “Un soggetto che si espone poco al sole produce in media 400 unità giornaliere di vitamina D, una quantità insufficiente, soprattutto negli anziani. Ecco perché, per raggiungere le 2.000 unità che in linea di massima dovrebbe assumere un adulto, e che possono arrivare fino a 4.000 per gli anziani fragili, è consigliabile ricorrere a una supplementazione”. In una parola, agli integratori.
Ogni giorno o ogni tanto?
Un problema molto dibattuto è se sia meglio ricorrere a una somministrazione giornaliera della dose raccomandata oppure un dosaggio più elevato saltuariamente. Gli ultimi studi in materia, secondo il professor Isaia, sono chiari.
“I dati confermano che è preferibile una somministrazione ravvicinata, perché dosi elevate sono correlate a un aumento del rischio di fratture nei soggetti anziani. Inoltre, un accumulo può inibire la successiva idrossidazione del colicalciferolo. L’ideale è quindi assumerne piccole dosi ogni giorno”.
Con o senza vitamina K?
Altro tema controverso è l’associazione della vitamina D con una aggiunta di vitamina K.
“Non sempre è necessario – risponde l’esperto – anche perché la vitamina K si trova in molti alimenti e quindi è raro soffrire di ipovitaminosi”.
Gli integratori di vitamina D: rischio di sovradosaggio?
Infine, due sono le buone notizie per chi scopre di avere una carenza o un’insufficienza di vitamina D. La prima è che l’assunzione di questa sostanza è sicura: un eventuale sovradosaggio non presenta di norma grandi effetti collaterali.
“Tuttavia, è bene ricordare – afferma il professore – che bisogna evitare il fai da te e rivolgersi al medico per valutare un dosaggio mirato”.
La seconda è che, oltre ai farmaci a base di vitamina D che hanno dei limiti di prescrivibilità, esistono sul mercato anche integratori alimentari che non necessitano di ricetta medica e permettono di assumere la dose quotidiana raccomandata a un costo contenuto.