Nell’immagine uno scatto della collezione Couture di Olga García.
Se sei una donna, a parità di lavoro, guadagni il 17% in meno di un uomo. Un gap reale, oltre che culturale, che una proposta di legge vuole colmare per ribaltare le logiche in gioco. Adesso la legislazione prevede blande verifiche passive sulle dichiarazioni dalle aziende. Con la nuova normativa sarebbero previste segnalazioni da parte delle dirette interessate vittime di Gender Pay Gap o delle consigliere di Parità con indagini campionarie continuative.
La proposta, in discussione in Parlamento, è a prima firma del deputato Alessandro Fusacchia, sottoscritta insieme a Lia Quartapelle, Rossella Muroni, Paolo Lattanzio e Erasmo Palazzotto, deputate e deputati iscritti a Movimenta. È sostenuta da Manageritalia e dal suo Gruppo Donne Manager.
Sarebbe un passo importante per cambiare la cultura del lavoro in Italia: insieme a questa riforma si propongono altre novità come il congedo parentale e il lavoro agile.
Lo spiega lo stesso Alessandro Fusacchia, deputato Gruppo Misto alla Camera, primo firmatario. “Con Movimenta stiamo facendo un lavoro molto ampio che riguarda diversi aspetti della parità di genere: dal congedo di paternità agli stereotipi presenti all’interno dei libri di testo scolastici. Questa legge in particolare, che punta a garantire una parità salariale effettiva, e che quindi non rimanga solo su carta, prevede l’utilizzo di dati già in possesso della pubblica amministrazione (non creando quindi ulteriori oneri burocratici) per verificare che non vi siano scostamenti significativi fra i salari erogati a uomini e donne all’interno di un’impresa. Nel caso in cui ciò si verificasse, la consigliera di parità inizia un dialogo con l’azienda, utile a formulare raccomandazioni per risolvere il problema. Si tratta dunque di un accompagnamento, di un percorso di rientro sostenibile, ‘personalizzato’ per l’azienda, fatto con le imprese e non contro le imprese. Per le realtà virtuose è invece previsto un meccanismo premiale, affinché ottengano anche un riconoscimento sociale”.